L’OCCASIONE PERDUTA
Così come Misano, anche Aragon ci ha lasciato, tra le tante riflessioni, la garanzia della forza di MARQUEZ e il dubbio che questo strapotere poteva essere contenuto proprio dalla DUCATI.
Che Marquez sia un marziano ormai è evidente. Domenica lo ha dimostrato per l’ennesima volta vincendo grazie alla sua abilità di guida: nel momento caldo della gara ha esaltato la sua capacità di fare curva 10, 11 e 12 in modo innovativo. Quindi non di sola elettronica vive un pilota (anche se è condizione necessaria per sopravvivere, chiedere a Rossi Valentino da Tavullia), ma della capacità di intraprendere e inventare nuove traiettorie e nuovi modi di evitare cadute.
Ma ritorniamo a Dovi e allo sfortunato Lorenzo (che alla prima curva ha abbandonato l’”Arena” facendosi sorprendere all’interno da un Marquez già aggressivo che lo ha obbligato ad una traiettoria non preventivabile e pericolosa che ha innescato un high side) . I due piloti Ducati hanno dimostrato di saperci fare. Dovi sempre diligente e caparbio, Jorge puntiglioso, ottimo collaudatore e aggressivo all’occorrenza.
Credo che il “capo” Domenicali (qualcuno si deve per forza indicare come responsabile, vale anche per gli allenatori di calcio) ha sicuramente posto in essere una mala gestione dei piloti, ha perso l’occasione di generare una fusione proattiva per competenza sin dall’inizio dell’anno.
Sono convinto che se avessero integrato di più Lorenzo e fossero stati tutti capaci di “stringersi a corte” sulla via indicata dal ‘genio’ Dall’Igna, Ducati sarebbe stata la criptonite ideale per Super Marquez. Così non è stato! E si è consumato il melodramma: proprio quando il Maiorchino ha dato il colpo di reni, per entrare in modalità campione, è stato fatto l’annuncio che il buon Petrucci avrebbe preso il suo posto nella prossima stagione. Proprio quando anche Dovi si era rimesso a fare il Dovi. Non credo si tratti di sfortuna legata ai tempi e ai modi di comunicazione. Quella è la forma.
Credo invece sia un difetto di strategia a lungo termine, due anni fa Ducati ha rotto gli indugi lato piloti e nonostante l’ottimo anno di Dovi decise di coinvolgere nel progetto il pluricampione Jorge. Ai tifosi rossi non pareva vero. Andrea Dovizioso colui che negli ultimi anni era riuscito a “capire” la moto affiancato da un “martello”. Il tutto abbinato ad una squadra di ingegneri, tecnici e meccanici di altissimo livello e attentamente guidati dal d’Artagnan del profondo est italiano Gigi Dall’Igna.
Qualcosa non è andato nel verso giusto, la pianificazione? La definizione degli obiettivi? Il team Work? Forse la politica del progetto sportivo non combaciava con quella aziendale?
Difficile individuare una sola motivazione, difficile intuire le cause scatenanti del mancato completo antagonismo.
Di sicuro c’è che, dopo Aragon, sotto il nuovo momento a lui dedicato, Marc Marquez ha messo il mattone più importante della costruzione del suo 7° titolo mondiale. Proprio sotto la stele con formica, che celebra la curva che porta il suo nome, quella curva in cui ha costruito la sua ultima vittoria che ha il sapore di un’emozione che si ripeterà!
Che Marquez sia un marziano ormai è evidente. Domenica lo ha dimostrato per l’ennesima volta vincendo grazie alla sua abilità di guida: nel momento caldo della gara ha esaltato la sua capacità di fare curva 10, 11 e 12 in modo innovativo. Quindi non di sola elettronica vive un pilota (anche se è condizione necessaria per sopravvivere, chiedere a Rossi Valentino da Tavullia), ma della capacità di intraprendere e inventare nuove traiettorie e nuovi modi di evitare cadute.
Ma ritorniamo a Dovi e allo sfortunato Lorenzo (che alla prima curva ha abbandonato l’”Arena” facendosi sorprendere all’interno da un Marquez già aggressivo che lo ha obbligato ad una traiettoria non preventivabile e pericolosa che ha innescato un high side) . I due piloti Ducati hanno dimostrato di saperci fare. Dovi sempre diligente e caparbio, Jorge puntiglioso, ottimo collaudatore e aggressivo all’occorrenza.
Credo che il “capo” Domenicali (qualcuno si deve per forza indicare come responsabile, vale anche per gli allenatori di calcio) ha sicuramente posto in essere una mala gestione dei piloti, ha perso l’occasione di generare una fusione proattiva per competenza sin dall’inizio dell’anno.
Sono convinto che se avessero integrato di più Lorenzo e fossero stati tutti capaci di “stringersi a corte” sulla via indicata dal ‘genio’ Dall’Igna, Ducati sarebbe stata la criptonite ideale per Super Marquez. Così non è stato! E si è consumato il melodramma: proprio quando il Maiorchino ha dato il colpo di reni, per entrare in modalità campione, è stato fatto l’annuncio che il buon Petrucci avrebbe preso il suo posto nella prossima stagione. Proprio quando anche Dovi si era rimesso a fare il Dovi. Non credo si tratti di sfortuna legata ai tempi e ai modi di comunicazione. Quella è la forma.
Credo invece sia un difetto di strategia a lungo termine, due anni fa Ducati ha rotto gli indugi lato piloti e nonostante l’ottimo anno di Dovi decise di coinvolgere nel progetto il pluricampione Jorge. Ai tifosi rossi non pareva vero. Andrea Dovizioso colui che negli ultimi anni era riuscito a “capire” la moto affiancato da un “martello”. Il tutto abbinato ad una squadra di ingegneri, tecnici e meccanici di altissimo livello e attentamente guidati dal d’Artagnan del profondo est italiano Gigi Dall’Igna.
Qualcosa non è andato nel verso giusto, la pianificazione? La definizione degli obiettivi? Il team Work? Forse la politica del progetto sportivo non combaciava con quella aziendale?
Difficile individuare una sola motivazione, difficile intuire le cause scatenanti del mancato completo antagonismo.
Di sicuro c’è che, dopo Aragon, sotto il nuovo momento a lui dedicato, Marc Marquez ha messo il mattone più importante della costruzione del suo 7° titolo mondiale. Proprio sotto la stele con formica, che celebra la curva che porta il suo nome, quella curva in cui ha costruito la sua ultima vittoria che ha il sapore di un’emozione che si ripeterà!
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