Renzo Piano: The Art of Making Buildings
È stata inaugurata il 15 settembre una retrospettiva che celebra 50 anni di carriera di Renzo Piano in occasione del suo ottantunesimo compleanno, realizzata dalla Royal Academy of Arts di Londra. La mostra, intitolata Renzo Piano: The Art of Making Buildings, è curata da Kate Goodwin, responsabile della sezione Architettura della Royal Academy in collaborazione con Renzo Piano Building Workshop, è ospitata nelle nuove Gabrielle Jungels-Winkler Galleries, recentemente rinnovate da David Chipperfield Architects e inaugurate quest’anno in occasione dei 250 anni dell’istituzione che fu fondata nel 1768.
La mostra è improntata a un grande rigore e raffinatezza, mira a presentare la fase progettuale e il metodo di lavoro più che gli esiti formali e il compiacimento estetico. Di conseguenza, vi sono poche fotografie, che però rende più difficile la visualizzazione delle opere per i neofiti e non addetti ai lavori. Sorprendente invece per coloro che vogliono conoscere gli strumenti del “backstage” di Renzo Piano: molti infatti i documenti inediti disposti sui tavoli, concepiti come tavoli di lavoro circondati da sedie come durante una riunione di studio. Meno a fuoco l’impegno politico sulla riqualificazione delle periferie e il teamwork in studio. Una rassegna imperdibile per approfondire la metodologia progettuale di Piano, celebrato come Archistar internazionale.
La mostra presenta 16 progetti tra cui: il Centre Pompidou di Parigi (1971), la Menil Collection a Houston (1986), l’aeroporto di Kansai a Osaka (1994), il Jean-Marie Tjibaou Cultural Centre di Nouméa (1998), l’Auditorium del Parco della Musica a Roma (2002), il New York Times Building (2007), lo Shard di Londra (2012), la Jérôme Seydoux Pathé Foundation a Parigi (2014), il Whitney Museum of American Art di New York (2015).
Il cuore della mostra è la seconda sala che ospita l’“Isola”, progettata da Renzo Piano e subito rinominata dagli inglesi “Pianotropolis” e “Renzoville”. È in effetti un plastico in legno sospeso da terra dove sono riportati 102 modelli di architetture che lo studio ha costruito nel mondo.
Alle pareti 32 fotografie di Gianni Berengo Gardin e un filmato a cura di Thomas Riedelsheimer. In video, Piano racconta la sua vita e la sua visione che spesso si uniscono in un suggestivo racconto autobiografico. Curioso, il ricordo di Piano che da bambino andava con il padre a messa e poi al porto a vedere le grandi navi in movimento, da cui scaturisce la concezione del dinamismo in architettura. Ed ancora riflessioni, come quella sulla progettazione al computer e sulla sua disumana velocità; Piano afferma che disegnare è un privilegio perché consente di assorbire il tempo lungo della mente. La velocità del computer è innaturale; la progettazione è un esercizio di pensare e ri-pensare.
La mostra è improntata a un grande rigore e raffinatezza, mira a presentare la fase progettuale e il metodo di lavoro più che gli esiti formali e il compiacimento estetico. Di conseguenza, vi sono poche fotografie, che però rende più difficile la visualizzazione delle opere per i neofiti e non addetti ai lavori. Sorprendente invece per coloro che vogliono conoscere gli strumenti del “backstage” di Renzo Piano: molti infatti i documenti inediti disposti sui tavoli, concepiti come tavoli di lavoro circondati da sedie come durante una riunione di studio. Meno a fuoco l’impegno politico sulla riqualificazione delle periferie e il teamwork in studio. Una rassegna imperdibile per approfondire la metodologia progettuale di Piano, celebrato come Archistar internazionale.
La mostra presenta 16 progetti tra cui: il Centre Pompidou di Parigi (1971), la Menil Collection a Houston (1986), l’aeroporto di Kansai a Osaka (1994), il Jean-Marie Tjibaou Cultural Centre di Nouméa (1998), l’Auditorium del Parco della Musica a Roma (2002), il New York Times Building (2007), lo Shard di Londra (2012), la Jérôme Seydoux Pathé Foundation a Parigi (2014), il Whitney Museum of American Art di New York (2015).
Il cuore della mostra è la seconda sala che ospita l’“Isola”, progettata da Renzo Piano e subito rinominata dagli inglesi “Pianotropolis” e “Renzoville”. È in effetti un plastico in legno sospeso da terra dove sono riportati 102 modelli di architetture che lo studio ha costruito nel mondo.
Alle pareti 32 fotografie di Gianni Berengo Gardin e un filmato a cura di Thomas Riedelsheimer. In video, Piano racconta la sua vita e la sua visione che spesso si uniscono in un suggestivo racconto autobiografico. Curioso, il ricordo di Piano che da bambino andava con il padre a messa e poi al porto a vedere le grandi navi in movimento, da cui scaturisce la concezione del dinamismo in architettura. Ed ancora riflessioni, come quella sulla progettazione al computer e sulla sua disumana velocità; Piano afferma che disegnare è un privilegio perché consente di assorbire il tempo lungo della mente. La velocità del computer è innaturale; la progettazione è un esercizio di pensare e ri-pensare.
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